– FRANCESCO VINCI –

Vedo tutto appannato.
Le luci sono basse, e aldilà della platea, 7 attori gridano tutti insieme, sincroni, partecipi, ruggenti un magnifico passo Eschiliano.
L’urlo si fa sempre più forte e io vedo sempre più  appannato, anzi adesso la vista traballa proprio.
Cerco di non disturbare con i singhiozzi gli altri spettatori, ma tanto piangono tutti.
Il grido cessa e con esso le luci.
Buio.
Ciccio Vinci è  rimorto sul palco.

Vero martire moderno, per noi tutti: per me che scrivo e per te che leggi.
Applausi e standin ovation.
Applausi.
Ribadisco: cascate di applausi, tanti da non fare invidia alla prima della “Madame Butterfly” alla scala.
Applausi, ancora.
L’attore protagonista, quello che tutti avremmo voluto fosse davvero Ciccio, si sporge dal palco attirato dal richiamo di alcuni spettatori. Dalla mia posizione al piano superiore non riesco a vedere. Corro alla balaustra e vedo le sorelle di Ciccio  che segnate dal dolore, allungano le mani per raggiungere Cordopatri,  che abbracciano e baciano: ma non volevano lui.
No.
Volevano il loro amato fratello quel ragazzo la cui scomparsa ha distrutto e segnato tutta la loro vita.
Dopo averlo baciato la magia si è  spezzata: così  come accendendo la luce spariscono i fantasmi della notte, così allo stesso modo avvicinandosi all’attore tanto da essere ben visto in viso la speranza si spezza. Il teatro fa ancora miracoli.
Non credo di aver mai assistito ad una prima teatrale, non almeno a Cittanova. Spettacolo indimenticabile,questo è  sicuro.
Ma la storia che racconterò non è questa.
Racconterò invece di una famiglia che vorrebbe indietro il fratello. Racconterò la menzogna che il tempo ha il potere di  rimarginare ogni cicatrice. Racconterò ciò che è  sopravvissuto  a Ciccio Vinci.

Monumento funebre di Francesco Vinci

Paesani

Incontro il giorno dopo una delle sorelle senza molta difficoltà.
Chiedo subito se lo spettacolo sia stato di suo gradimento, non prima però  di averne decantato io stesso la bellezza. La sorella nel rispondermi affermativamente  si commuove. Inizio a pensare che non sia stata una buona idea volerla incontrare: dopo giorni di continue dolorose memorie in occasione del 40esimo anno dalla scomparsa,piombare lì a dare il colpo di grazia.
Sarei stato maggiormente scortese ad andarmene, ancora peggio far finta di non avere domande da fare,così da quel momento in poi mi impongo di misurare ogni singola parola con la dovuta attenzione.

Incongruenze

Esistono degli espedienti, quando si scrive un racconto, che servono a dispiegare meglio la storia. Di solito sono dei particolari piccoli, qualcosa che arricchisce il racconto senza cambiarlo.

Monumento funebre di Francesco Vinci
Fanno parte della narrazione stessa, pur essendo estranea alla storia, ma servono paradossalmente a farcela piacere maggiormente, a renderla più gradevole, più  intensa.
Chiedo(delicatamente) se ci sia stata qualche discrepanza tra la realtà e la trasposizione teatrale.
Ovviamente ce ne sono state, logico.
Ma sapete, il teatro qui  non c’entra, e non c’entra nemmeno la necessità di raccontare fedelmente un evento: qui  si parla di dolore.
Seriamente, non mi interessa fare la cronaca dell’opera teatrale, né  mostrarvene le foto (giacché ci sono andato senza reflex) ma solo raccontare quello che manca per completare il quadro, e farlo attingendo direttamente alle persone coinvolte.

Tuttavia, mentre la donna raccontava  della madre,mi pentivo sempre più di essere stato così  audace.
Troppo dolore.

Qualcosa di vasto  insuperato e insuperabile, un eterno limbo senza sapori ne colori. Qualcosa a cui, non credo di essere pronto.

Il male comunista

C’è stato un tempo in Italia (difficile da credersi) che esistevano solo due partiti. Era il tempo delle cabine telefoniche e della Fiat Campagnolo, era il tempo della faida e dei lavoratori sottopagati e sfruttati, no anzi, quelli ci sono  pure oggi non tutto cambia.

Vengo quindi a conoscenza che la povera madre di Ciccio, non vedeva assolutamente di buon occhio il militante impegno politico del figlio. Anzi era motivo per lei di grande dolore: Ciccio era comunista. Ma lo era in un  tempo in cui comunista significava essere denigrati e considerati dei sovversivi illusi e pericolosi.

-Mia mamma – dice -voleva che Ciccio  nostro studiasse. Dio solo sa davvero quanti sacrifici faceva la povera mamma(unica credo discrepanza degna di nota con l’opera teatrale che sosteneva invece il contrario n.d.a). Il giorno stesso, o il giorno prima che Ciccio  venisse ammazzato a mia mamma restarono impigliati i capelli nell’antenna della macchina. Allora Ciccio gli disse “Mà, ti devi tagliare i capelli” e lei rispose “Figghju quando ti laurei me li taglio”.

Monumento funebre di Francesco Vinci

Non solo non si tagliò  i capelli.

Non solo smise di mangiare carne.

Smise anche di bere acqua, di festeggiare il Natale, di vestire colorato, di ordinare la stanza del figlio, di toccare le sue cose,sedersi alla tavola e di uscire di casa, ma smise anche di sorridere, e ci tengo a specificare che lo fece davvero per tutto il proseguo della sua vita.

Insieme al figlio morì l’anima della madre, e l’involucro di carne ne era a sua volta lo spaventoso spettro, il riflesso della desolazione interiore, e così fu  fin quando la morte la colse, questa volta definitivamente per la seconda volta.

Esiste un ordine naturale delle cose,e ribadisco, la natura è perfetta. Quest’ordine vuole che i figli sopravvivano ai genitori e i giovani ai vecchi. Se gli eventi seguono quest’ordine naturale l’equilibrio è  preservato.

Ma il genitore che sopravvive al figlio spezza il delicato equilibrio delle cose. Il più  disarmonico degli eventi provoca di conseguenza la più  indescrivibili delle pene: tutte le dolenti madri che conosco, quelle in cui l’ordine non è  stato mantenuto, sono morte con i loro figli.

Il padre

La storia moderna di Francesco nasce,credo, ormai 20 anni fa, quando gli amici e i compagni di partito raccolsero molto minuziosamente, tutto il materiale esistente su Francesco: i suoi diari, le sue foto gli articoli di giornale, tutto davvero.

Ma è  inevitabile che qualcosa sia andata irrimediabilmente perduta, come ad esempio le lettere scritte dal padre.

-Mio padre è  stato poliziotto per due anni, poi però non si è  sentito di continuare a causa della nascita della seconda figlia femmina. Sapeva scrivere molto bene e aveva una bella calligrafia. Dopo la morte di Francesco cominciò a scrivere lettere alle più  alte cariche dello stato fino anche al presidente della repubblica. In  queste lettere gridava il bisogno di giustizia per il figlio. Scriveva anche dei bigliettini che andava a posare fra le mani del monumento funebre, sperando che in qualche modo Ciccio le potesse leggere. Il dolore fu tanto e  tale, che alla fine mio padre impazzì. Tentò più  volte di disseppellirlo, e quando lo fermavano, gridava che deve liberare a Ciccio suo”- e piange.

No, dai, seriamente, mi sento un verme.

Scrivere di una famiglia che non supererà mai un  lutto che dura 40 anni è  come fotografare un uomo che lentamente muore di fame e non fare nulla.
“Certo” dico ” i colpevoli però  hanno pagato”
“No” dice.

Mi ero scordato di essere in  italia.

Rivoluzione

La morte di Ciccio è  stato il volano di una rivoluzione che ha cambiato il corso della storia. Da quel momento in poi la gente si è  resa conto di avere un grosso, anzi  grossissimo, problema. Si è  accorta di vivere alle spalle di uno stato parallelo con leggi parallele.

Ma come ha fatto Francesco Vinci a diventare uno dei simboli più forti della lotta alle mafie?

Qui  c’è  da sfatare un mito.

Ciccio come detto era un  attivista politico ed uno studente impegnato, ma in effetti se pur prendendone coscienza non si è  mai trovato in detrimento con esponenti mafiosi. La sua è  stata un’uccisione per sbaglio, e la cosa fa ancora più  male. Non  era lui la vittima predestinata, ma il proprietario della’auto che guidava.

Ancor più  che la fatalità il dolore è  causato dalla mentalità mafiosa (ne ho) che si è  permessa, per mano di un suo stesso compagno di classe, a porre fine alle giovani promesse di un talentuoso  e idealista ragazzo. Quanti giovani rivoluzionari la ‘ndrangheta ci ha fin’ora tolto? Come sarebbe stato il mondo se Francesco e le altre vittime innocenti fossero ancora vive?

La  curiosità uccise il gatto e commosse il Chijanista

Per il mio progetto fotografico ” Il paese dei portoni vacanti” ho usato le vecchie porte abbandonate, come metafora dell’egoismo umano. Ma le case, ho scoperto, possono cadere anche per il dolore.

Dopo quindi l’assassinio di Francesco, alcune cose sono cambiate negli estremi previsti da una tale condizione di natura, e altre cose sono rimaste immutate, come ad esempio la sua camera.
L’apprendere questa cosa, caro lettore, mi ha commosso in maniera maggiore rispetto  tutto il resto.

” Francesco era giovane, esuberante, e come tutti cercava di dilettarsi in tutto. Ha abbellito la sua stanza, ci ha messo i poster, la carta da parati, i libri sulla scrivania e i dischi (eravamo nell’era del vinile n.d.a) , il letto in un angolo  i manifesti del partito. Mia madre, ha lasciato tutto così per anni, finché  dopo la sua morte, il soffitto è caduto facendo entrare la pioggia che ha rovinato tutto. Abbiamo sbagliato, ci portiamo un grosso rammarico, ma per noi, come per mia madre, le cose  dovevano restare così, perché  nessuno si è  mai rassegnato al fatto che Ciccio non sarebbe mai più  ritornato”.

Buon Natale

Ah, già giusto, ti starai chiedendo chi sono i colpevoli. Lei non l’ha detto, né  nessuno a Cittanova te lo dirà mai. Così  ho chiesto in giro,e giustamente, mi hanno fatto riflettere in maniera contraria a come sarei, alla luce di quanto detto, portato a  fare.

Intanto bisogna comprendere il preciso momento storico, le guerre di mafia  la giovane età degli assassini, capirli dico, non certo giustificarli.

Bisogna poi concedere a qualunque uomo di potersi pentire, di potrà andare avanti, di superare come meglio può il suo errore una volta scontata una pena stabilita in un tribunale, concedergli di indossare tanti guanti quanti bastano a nascondere il sangue sulle mani, e con esse provare a costruire u  futuro migliore per i propri figli. Giudicare, non spetta ne a me ne a voi, Dante per il resto ne parla ampiamente.

La mia è  una condanna morale, pericolosa, irremovibile ma non priva di illuminata umanità. Sempre che il pentimento ci sia stato, cosa che non so.

Una brevissima ricerca su internet mi porta  a questa pagina, dove comunque è  citato l’intero iter processuale, dal quale si scopre che i colpevoli sono stati infine individuati e puniti per come previsto dall’ordinamento giuridico.

Sembra a mio avviso, altrettanto vero però che per un familiare non vi possa mai essere abbastanza giustizia. Oggi Francesco avrebbe 58 anni, una presidenza del consiglio alle spalle, una mogli e tutti i figli che avrebbe voluto.L’assassino rimane in debito di tempo  e di vita vissuta con lui e con la sua famiglia, debito che aumenta con l’avanzare degli anni, e che non potrà mai ripagare.

Ma insomma, mi sto lanciando in un terreno sdrucciolo dove è  davvero facile fare un passo falso: non sono per il perdono, ma sono per le seconde opportunità.

Questo è in assoluto uno dei pezzi più  difficili a cui ho lavorato, e nonostante io sia molto ispirato ho impiegato quasi due  settimane per la sua stesura definitiva, che comunque non mi soddisfa.

E insomma, non credo nel Natale, ma credo nella famiglia e nello stare insieme, anche se il pretesto è  una menzogna di bontà  universale e perdono.

Ho deciso così  di pubblicare questo articolo oggi, la mattina di Natale del 2016, per dedicarlo al nostro, ahimè, eternamente giovane amico, e alla sua famiglia che da 40 anni ad oggi non si riunisce più davanti al presepe, ma davanti ad un monumento funebre.

Lapide di Francesco Vinci

Teresina, spero che tu adesso stia abbracciando Ciccio, ricongiunta finalmente alla metà migliore del tuo cuore.

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